Metodo

International Studies in Phenomenology and Philosophy

Journal | Volume

174636

Il paradosso del testimone

Volume 45

Abstract

Visti come documenti o fonti su cui procedere a costruire un edificio loro non più abitabile o, per contro, sacralizzati da un ascolto religioso e impolitico che nutre una metafisica di Auschwitz, i testimoni sono diventati una figura di paradosso capace di dirci qualcosa su di noi, sulle retoriche e i cortocircuiti con cui pensiamo l’esperienza della Shoah, la sua possibilità di essere narrata e il suo farsi storia.La Shoah, scrive Georges Bensoussan citando Kafka, è «la mannaia che spezza il mare di ghiaccio che c’è dentro di noi». Tanto lo specialismo quanto la convinzione di poter pensare “oltre” eludono il mare di ghiaccio, ci proteggono dal dolore dello sguardo aperto, evitano di farci sentire parte in causa.Ma il sopravvissuto, afferma Imre Kertész, «è solo portatore delle più estreme condizioni dell’uomo dei nostri giorni». Può esserci etica, senza un rispetto di quell’estremo da cui parla la testimonianza? È possibile inquadrare storicamente la Shoah e mantenere il senso della sua assolutezza? È possibile farne un’estetica nutrita di compiacimenti filosofici e letterari, senza naufragare nell’osceno?Più che cercare statuti della testimonianza o provare a definire “chi è” il testimone, questo numero propone un rovesciamento: chi siamo noi, visti attraverso gli occhi del testimone? 

Details | Table of Contents

Il testimone necessario

Memoria della shoah e costruzioni identitarie

Giovanni Leghissa

pp.45-64

https://doi.org/10.4000/estetica.1741

Publication details

Journal: Rivista di estetica

Volume: 45

Year: 2010

DOI: 10.4000/estetica.1730

Full citation:

(2010) Il paradosso del testimone. Rivista di estetica 45.